Nostri Servizi

Servizi per le persone della nostra comunità

L’idea generale di Salute senza Frontiere è basata sulla convinzione secondo cui erogare servizi di integrazione non sia buonismo ma una scelta pragmatica orientata a tutelare la società nel suo complesso, consapevoli che popolare le città di individui marginali non giova a nessuno

LA SALUTE

La prima iniziativa di Salute senza Frontiere è stata un servizio sanitario di medicina di base pensato con medici e mediatori culturali (termine che ci apparso subito ridondante rispetto al know how dei nostri volontari che abbiamo presto chiamato più realisticamente “facilitatori”). Immediatamente la definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (“Uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”) e la comprovata importanza dei determinanti sociali della salute (che includono il livello di istruzione, del reddito, dell’occupazione, dell’ambiente di lavoro e di vita, e della qualità dei servizi) si è materializzata in una domanda da parte di coloro che si rivolgono a noi. Si tratta di una domanda che è solo in parte una richiesta specifica di attenzione medica ma anche, e soprattutto, una istanza (una invocazione?) estesa a un ambito sociale più ampio.

Le persone chiedono sì una diagnosi, un farmaco, un rimedio contro un dolore o una infiammazione ma chiedono anche e spesso un aiuto per la ricerca di un lavoro (operazione complessa in particolare per una persona senza permesso di soggiorno), il supporto per trovare una casa (impresa quasi impossibile per uno straniero del sud del mondo), la protezione da un marito violento (azione difficile con il ridimensionamento della assistenza territoriale e la quasi sparizione negli ultimi anni di servizi come i centri antiviolenza, i consultori, i centri psico-sociali), la richiesta di iscrivere i figli alla scuola (azione che richiede una negoziazione con i direttori e che può diventare un’impresa proibitiva se il ragazzo-a ha superato l’età dell’obbligo), la richiesta di cibo e soldi soprattutto durante il periodo di chiusure per il Covid (attività d’emergenza che richiede donazioni specifiche da parte di sostenitori) e un consiglio specifico su come accedere a documenti e permessi e ad una condizione formale meno precaria (informazione che richiede specifiche competenze legali).

Con un reclutamento di un maggior numero di volontari e mobilitando un network territoriale legato al terzo settore e alle componenti di istituzioni pubbliche, ancora disponibili a svolgere una funzione che dovrebbe corrispondere al mandato ordinario di servizi di welfare, abbiamo cercato di far fronte a queste domande. Così da originale servizio medico pensato per ovviare alla mancanza di un servizio pubblico di medicina di base per fasce di popolazione escluse dal Servizio Sanitario Nazionale nella nostra regione, ci siamo trasformati rapidamente in servizio socio-sanitario che ha articolato un supporto medico e psico-sociale con percorsi personalizzati di presa in carico e un’azione di orientamento ai servizi socio-assistenziali del territorio per le competenze che non abbiamo direttamente. Un gruppo di operatori sociali e medici volontari gestisce questa attività che ha coinvolto un’utenza variegata di centinaia di persone (oltre 500). Attualmente il servizio medico è aperto un pomeriggio alla settimana e quello sociale una mattina, entrambi con visite esterne con una presa in carico che continua fuori sede.

L'EDUCAZIONE

Oltre a questo, l’amministrazione comunale di Cologno Monzese ha contribuito ad ampliare la nostra attività come associazione con l’improvvida decisione nel 2018 di “sfrattare” la scuola di italiano che si teneva in spazi comunali gestita da un ente pubblico (Centro provinciale per l’Istruzione degli Adulti-CPIA/Ministero della Pubblica Istruzione). Avendo a quel punto la nostra associazione Salute Senza Frontiere-SASEF offerto un locale della nostra sede per ospitare un paio di corsi di italiano dei numerosi precedentemente gestiti dal CPIA, siamo diventati in breve tempo un riferimento per la comunità straniera: un “tam-tam” tipico di queste situazioni aveva diffuso l’informazione che erano ripresi da noi i corsi di italiano sospesi dal Comune.

Così, senza il rigoroso criterio pedagogico di una scuola per adulti strutturata, abbiamo aperto le iscrizioni per la scuola di italiano a chiunque, stranieri con o senza permesso, mamme con o senza bambini, persone appena arrivate in Italia o residenti da parecchi anni con una diversa conoscenza della lingua italiana. Abbiamo reclutato, dopo un breve corso di formazione, “insegnanti” volontari e allestito vari corsi nella nostra sede, che presto però non è stata più sufficiente per accogliere le richieste degli iscritti. Altri locali, offerti dal sindacato (CGIL e CISL) e da oratori di un paio di parrocchie di Cologno (San Giuseppe e San Marco) si sono aggiunti. Dal 2019 SASEF ha attivato anche percorsi di supporto scolastico per minori, tenuti nelle ore pomeridiane dai volontari dell’associazione in collaborazione con altre associazioni. Sinergie con le scuole primarie e secondarie di primo grado sono state attivate e SASEF ha sostenuto attività mirate su progetti specifici di contrasto alla povertà educativa.

Accettando la partecipazione delle donne con figli piccoli, quando possibile con il supporto di babysitter, e mantenendo costantemente aperte le iscrizioni, SASEF ha consentito la frequenza ad un grande numero di donne.

La scuola di italiano di SASEF gratuita e sempre accessibile è quindi andata configurandosi come un luogo utile a sviluppare un’occasione di incontro tra persone relativamente isolate piuttosto che essere solo una scuola con uno specifico piano di insegnamento. Luogo utile per la gran parte dei corsisti, soprattutto donne spesso “relegate” in casa come casalinghe con la responsabilità di accudire i figli e assistere il marito oppure donne – per lo più provenienti dall’America Latina o dall’Ucraina – anch’esse “relegate” in casa come badanti 22 ore al giorno in genere 7 giorni la settimana con 2 sole ore di pausa. La scuola di Italiano è stata attiva dal gennaio 2019 e ha coinvolto (funzionando anche durante il Covid con corsi a distanza) circa 600 corsisti, in maggioranza donne, provenienti da una ventina di paesi diversi. Attualmente i corsi sono 22 e coinvolgono più di 200 persone. Le iscrizioni sono sempre aperte e nuovi corsi si allestiscono man mano.

CASA DELLA COMUNITA'

LA CASA DELLA SALUTE/CASA DELLA COMUNITA’, inserita nel Recovery Plan come modalita’ organizzativa di gestione della medicina del territorio (tanto importante e tanto trascurata nelle politiche di salute del passato recente), necessita per poter operare con efficacia di due “livelli” che dovrebbero operare uno a monte della Casa della Comunita’, il Distretto Sanitario e uno a valle, vale a dire i micro-interventi di salute di comunita’ come ad esempio particolare la Microarea.

Il Distretto sanitario rappresenta l’organizzazione territoriale che meglio risponde alle esigenze di tutela della salute della collettività, in quanto luogo privilegiato di gestione e produzione di attività sociosanitarie con la responsabilità di governare la domanda (con un ruolo di committenza, valutando quali servizi e per quali bisogni) e assicurare la gestione dei servizi sanitari territoriali (con un ruolo di produzione)...

La Casa della Salute/Casa della Comunità come descritta dall’intervento di Livia Turco (Ministro della Salute) del 2007 “è una struttura polivalente e funzionale in grado di erogare materialmente l’insieme delle cure primarie e di garantire la continuità assistenziale e le attività di prevenzione, nell’ambito delle aree elementari del distretto…La Casa della salute rappresenta il luogo di tale ricomposizione, il contesto in cui può essere realizzato il lavoro multidisciplinare ed in team degli operatori e in cui può operare, superando le precedenti divisioni, l’insieme del personale del distretto (tecnico-amministrativo, infermieristico, della riabilitazione, dell’intervento sociale), i medici di base (che vi eleggeranno il proprio studio associato), gli specialisti ambulatoriali.’’ (Ministero della Salute, 2007)

La Microarea (o esperienze simili MICRO diffuse sul territorio nazionale) essendo un servizio per 1.000-2.500 abitanti consente la prossimità con l’utenza che la Casa della Salute-Casa della Comunità, difficilmente potrebbe garantire

L’esperienza delle microaree di Trieste e’ poco conosciuta ma rappresenta una pratica di organizzazione delle cure primarie sul territorio centrata sulla continuita’ assistenziale capillare, integrata, poco costosa e replicabile.

La microarea nasce a Trieste circa 15 anni fa, da una cultura di salute, proveniente dall’esperienza della salute mentale, che mette la persona al centro di un intervento caratterizzato da integrazione di servizi, mobilitazione delle risorse del territorio, focus sul sociale.